Quando ero incinta del mio primo figlio, amavo tre uomini: quello che cresceva dentro di me, suo padre che cresceva accanto a me, e John Bowlby del quale studiavo la teoria dell’attaccamento, sognandomi madre capace di fornire una base sicura al proprio bambino.
Da quel che ho letto e da ciò che ho osservato in questi primi giorni di inserimento nella scuola d’infanzia, posso dirti, fidati, hai fatto un buon lavoro. Lo puoi vedere tu stessa da come lui non ha timore alcuno di essere abbandonato, sa che tornerai a prenderlo, è solo che vorrebbe “una scuola con tutte le mamme”. Sta scoprendo ora che esiste un mondo di cui tu non fai parte, gli sembra strano, quasi innaturale, ha bisogno di tempo per apprezzare la bellezza del venirtelo a raccontare.
Hai cresciuto un figlio che, pur nella timidezza, sa come cavarsela. Quella prima volta che ha pianto, so che soffrivi fuori dall’aula a sentire la sua voce che ti chiamava. È stata la prima volta che non hai risposto. Però, di’ la verità, quanto ti ha resa orgogliosa sapere che dopo pochi minuti aveva già trovato il modo per calmarsi. E quanta tenerezza, quando ha raccontato che nei momenti di incertezza va dalla maestra e le chiede una canzone. Lo hai nutrito finora di cibo e d’amore, lascia che abbia fame perché questa mancanza lo farà crescere.
Comprendo la tua vertigine di dover affidare tuo figlio a un estraneo, come io conosco il peso di una responsabilità grande quale la scelta della scuola. Ho valutato ogni opzione, credimi, è la più giusta per lui e per la nostra famiglia. Non lasciare che le tue paure mettano in dubbio il mio lavoro. Non trasformarti in Sherlock Holmes, ad analizzare ogni comportamento, ogni gesto, ogni parola detta in un modo diverso dal tuo. Scuola dell’infanzia, Watson. È un passaggio per lui come per te. Ora voglio dirti due cose importanti, non entrare nel panico:
1. Da oggi in poi, chi si occuperà dei tuoi figli non avrà mai i tuoi stessi metodi educativi
2. I tuoi figli non saranno sempre amati
Questa è grossa, lo so. Ma è arrivato il momento di accettare il lupo nella favola. Senza quello, non ci sarebbe avventura né lotta né lieto fine. Io lo rassicuro e gli trasmetto entusiasmo per questa avventura nel bosco come tu, così lontana da me, gli doni calore e luce di casa. Siamo lontane eppure la stessa persona e questo duello fra noi ci renderà madri più pronte. Insieme gli diamo tutto ciò che gli occorre per affrontare il mondo fuori, un mondo dove non sempre le cose andranno come vorrà, come vorremo, e dove non necessariamente sarà amato, di certo mai del nostro stesso amore. Va bene così. Sarà più forte, più intelligente, più creativo. La diversità, che tanto amiamo, è anche questa. È anche un mondo che non vorremmo per lui ma che c’è e che lo farà crescere. Un mondo dove le attenzioni dovrà cercarle, le occasioni crearle, la salvezza inventarla. Per poi tornare alla sua base sicura, fatta di orgoglio e tenerezza. Tornare a raccontare, chi meglio di noi potrà insegnarglielo, quel mondo dove, se bellezza non sarà, la bellezza sarà lui.
Grazie alle persone speciali con cui ho condiviso questi pensieri e senza le quali il titolo del post sarebbe stato: Mo’ ti ritiro dalla scuola e prendo un istitutore privato
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