Farmi domande è il modo migliore per rispondere alla vita. E ieri è stata una giornata di grandi domande. Cominciata quando ho ricevuto il dono di uno scambio di mail con l’uomo che otto anni fa è stato il mio primo maestro. Ne è nata una fortuna ancora più grande, un amico. Distante solo geograficamente. Uno scambio di mail con lui non è solo un fatto telematico. È uno scambio di emozioni, di vita, una vera connessione. Un anno fa è diventato padre di una bambina meravigliosa e meravigliosamente fortunata perché crescerà “dalla parte degli ultimi“. E trovare un posto nel mondo è così difficile che dà forza sapere almeno di stare dalla parte giusta. Un anno fa la sua famiglia si è allargata e anche la sua vita. “Gli orizzonti si dilatano, gli spazi si restringono” ha scritto come se stesse guardando la nostra casa divenuta piccolissima e il nostro futuro, così incerto, così in bilico, trasformato in un mondo di possibilità, l’occasione di una rivoluzione.
Con i miei figli ho dato la vita ma ancor più l’ho ricevuta. E con essa, nuovi occhi e nuove prospettive. Ho dato la luce e sono stata illuminata. In un gioco degli opposti, questi figli venuti al mondo, verso il mondo andranno. E allora sì, gli orizzonti si dilatano. E questo mondo è tanto più grande delle quattro mura dove pure ci sembra che sia racchiuso tutto il senso della nostra esistenza. I nostri figli, la nostra vita. E la loro vita, che ogni giorno li rende meno nostri.
Questi orizzonti mi hanno svegliato dal mutismo in cui mi aveva gettato la riflessione di mia sorella sulle parole della madre di Valeria Solesin, la ragazza uccisa nella strage al Bataclan di Parigi. “Quante madri avrebbero gridato vendetta strappandosi le vesti, considerando un figlio proprietà, “creato” e non “creatura”… E invece no. Madri mozzafiato. Le sole in grado di sconfiggere la morte. Madri senza bestemmia, che concepiscono un figlio e lo lasciano andare sapendo che è del mondo, non proprio”.
Davvero si può sconfiggere la morte? Se avere un figlio permette di sfiorare il senso inafferrabile della tua immortalità, cosa ne è della sua immortalità? Cosa c’è a quell’incrocio tra il niente e una vita in meno? Sono certa che questa madre nell’intimità della sua casa non sia senza bestemmia, ma è salvifico che abbia scelto (perché la morte non si sceglie, ma le parole sì) di raccontare parole di pace e non di vendetta. Chi l’avrebbe biasimata, altrimenti? I figli saranno pure del mondo ma non è il mondo che li piange, non per più di qualche ora. Però come cambia il senso scegliere di raccontare con parole altre. Perché raccontare è rileggere la storia, trasformare il dolore.
La morte non si sconfigge, credo. Ma la morte non è il contrario della vita. In questo gioco degli opposti, morte e nascita lo sono. Questa ragazza è nata e questa ragazza è morta, e nessuna delle due cose si può negare. La vita è tutto questo, meravigliosamente e maledettamente. Allora forse il miglior modo di stare nel presente è non stare fermi. Restringere gli spazi e allargare gli orizzonti, muoversi, trasformarsi, assumere nuove forme. Le forme lunghe di un orizzonte e quelle vorticose di un dolore, le forme larghe della famiglia e quelle corte dell’affanno. E naturalmente, le mie preferite: le forme strette di un abbraccio.
Grazie alla vita. E a Simone, Chiara, Niccolò Fabi. Le loro parole, come figli, hanno allargato i miei orizzonti.
La citazione è tratta da “Elementare”, N. Fabi
L’immagine è tratta dal libro “Case” di Chiara Di Palma (Il gioco di leggere edizioni)
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