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Cosa dice mamma, Cosa fa il mondo

La paura è una domanda. Così sono nata

Ci voleva il terremoto per farti nascere”, mi hanno sempre detto. Che nella pancia della mamma si sta così bene, lo sanno anche i miei figli che per uscire hanno aspettato il loro tempo, non una calamità per fortuna. Ho sentito per anni il racconto di quel giorno del 1980 che tutti ricordano con lucidità portentosa, anche i miei cugini allora piccolissimi. La riunione a casa dei nonni, il cane sotto il tavolo, il tremore, le urla, tutti in strada e pure il vecchio in mutande con la sigaretta spenta. Poi la corsa in ospedale, e io che nella pancia non mi muovevo più. Questo è un dettaglio del racconto che ho capito davvero solo quando sono diventata mamma. La paura, la paura per la vita di un figlio, la più grande che si possa provare, deve aver fermato anche mia madre al di là di quella pancia. In un’epoca in cui non esistevano neanche ecografie a farti tornare il respiro regolare.
Oggi mi piace pensare che sono nata per dire a mia madre di non avere paura in questo mondo.

Ci voleva il terremoto. Sarà per questo che sono così inquieta? Cambio studi, cambio casa, cambio città, cambio idea. Non so, ma trovo che cambiare apra la mente come nient’altro. L’importante è sapere da dove si parte e con chi si affronta il viaggio. Su quello non ho mai cambiato idea. E naturalmente, avere un pezzo di carta per raccontare.

Questi 35 anni mi hanno tolto pezzi importanti della terra su cui cammino ma mi hanno pure aperto voragini di felicità. Mi hanno tolto, per esempio, un giorno dell’anno con la morte di mio padre, ma me l’hanno restituita donandomi una sorella di cuore accordato nata proprio in quel giorno. Me ne hanno tolto un altro il 21 febbraio, quando ho provato il dolore di perdere un bambino. E no, non mi ha restituito nulla. Perché quel giorno è suo.
Mi hanno tolto pezzi di famiglia, pezzi d’infanzia, pezzi di serenità, pezzi di sicurezza, mi hanno tolto chili (e non ne avevo molti), mi hanno tolto le parole a volte e chi mi conosce sa quanto sia grave. Ma nulla è paragonabile a ciò che mi hanno dato. Le persone che erano con me.

C’è una teoria secondo cui ogni catastrofe nel mondo scateni poi cose meravigliose. Ecco, la prendo in parola perché io, nata col terremoto, ho dato alla luce due meraviglie. Sono loro la mia risposta a tutto ciò che non amo di questo mondo. Perché ho fiducia in loro (e pure in questo mondo). Sono loro la risposta alla mia paura.
Pochi giorni fa eravamo da mia cognata a Bruxelles e miei nipoti, in piena ribellione adolescenziale, si sono rifiutati di venire con noi alla Grand Place. Sai che palle! Oggi vedo quella piazza vuota, in stato d’assedio, e non faccio che chiedermi: come si vive nella paura?

Forse la paura è una domanda. Cosa conta nella mia vita?
Forse è tutto come è capitato a me 35 anni fa. Si sopravvive prima, e poi si nasce.

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