La scuola senza zaino è diventata la scuola senza scuola ma non perde il suo fascino e la sua creatività. La sua aderenza ai bambini.
Si legge una storia e si fa contemporaneamente matematica, i quaderni diventano multidisciplinari, si celebra la giornata della Terra mettendo insieme arte, scienze, italiano, inglese e religione. Si studiano le figure geometriche con Kandinskij, le scienze producendo lapbook, la geografia con la robotica e la scrittura delle lettere si impasta con la farina di mais.
La scuola senza zaino è senza voti ma con commenti puntuali per ogni lavoro, correzione o rinforzo che sia. Ci sono gli adesivi degli animali, i timbri con gli arcobaleni e le valutazioni. Ma soprattutto il dialogo: c’è una risposta, c’è uno scambio che non ferma l’attività una volta compiuta, ma la mette solo al trampolino di lancio della relazione. C’è l’errore che non va cancellato. Non esistono penne riscrivibili né bianchetti. Esiste l’errore come possibilità. Traccia una linea e scrivi accanto. Ovvero, tieni memoria di ciò che hai sbagliato e ritenta senza colpe.
C’è l’agorà, la piazza dei racconti e delle letture. Punto di incontro e punto di inizio della giornata: come dire, prima ancora di aprire i libri, apriamo noi stessi. Diamo spazio alle emozioni. Questo universo di sentimenti e delle relative manifestazioni che si trova al centro di un modello di scuola. Tutto ruota attorno al bambino, non inteso come persona di una certa età anagrafica. Il bambino inteso come ogni singolo bambino. Sono rispettati i suoi tempi, le sue modalità, sono potenziate le specifiche risorse e competenze, sono favorite le collaborazioni tra pari. Non più sistemati in singoli banchi, i piccoli sono inseriti in gruppi. Il tavolo verde, il tavolo rosso… un colore per ogni “isola” che non è isolata per niente, è una piccola comunità dotata di forza e autonomia. All’interno delle isole ci si allena a condividere le cose in comune, si apprende la solidarietà, nella rotazione si impara ad affrontare il cambiamento, a socializzare, a essere interscambiabili, a migliorarsi ogni volta dinanzi alla diversità.
La diversità si riappropria finalmente della sua essenza: è preziosa e trasversale. Come le maestre, tanto curriculari quanto di sostegno, sono maestre di tutti perché tutti, adulti e bambini, costituiscono la comunità della classe e contribuiscono al suo buon andamento. Famiglie comprese. E tutti vuol dire che nessuno resta indietro. A costo di rallentare? Sì, la lentezza è un valore se è capace di ascolto e comprensione.
La scuola senza zaino si svolge secondo regole precise perché non esiste una comunità senza norma: ci sono ruoli definiti (il bibliotecario, il cerimoniere, l’addetto alle piante, all’ordine e alla pulizia del materiale scolastico) per imparare l’autorità e la cura, l’autonomia e l’importanza dell’incastro di tutte le competenze. Ci sono regole per ogni attività, per la merenda, persino per andare in bagno senza fare confusione. E sono regole decise dal gruppo, in agorà, in democrazia. Con tutte le sue difficoltà e tutto il suo potenziale.
Questa scuola non ha zaino ma ha fantasia e rispetto per il bambino. Non danneggia il portamento con il carico di libri sulla schiena ma sottolinea il comportamento e fa fiorire la personalità. La fa accomodare prima, e poi la mette in luce.
Ogni scuola ha i suoi pregi e difetti, ogni struttura ha le sue specificità, ogni maestra ha le sue doti e i suoi limiti. Ma non ogni scuola è per ogni bambino. Per i nostri figli abbiamo scelto una scuola che non sia soltanto un luogo e un tempo per imparare a leggere, scrivere, fare di conto. Ma una comunità dove apprendere nel piccolo e nell’ora ciò che vale nel grande e nel sempre. Un modo di vivere e di apprendere, di confrontarsi e di crescere.
La scuola senza zaino sperimenta, ovvero fa ciò che i bambini più amano: esplorare, provare, osare. Quello che mi entusiasma non è ciò che imparano, ma come lo imparano. Col sorriso. E credo che l’insegnamento migliore che una scuola possa trasmettere a un bambino sia che la scuola sia un luogo sicuro, un tempo felice, una comunità inclusiva, un motivo di crescita. Che è cosa non solo dei piccoli.
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