Eppure esiste. È come uno zero, senza vita da solo ma determinante se posto al fianco di qualcuno. Un nulla che incatena, un vuoto che spaventa. Una vertigine e poi un volo basso. È un niente eppure esiste, l’assenza.
Io l’ho vista, nella morte delle persone che amavo e nella quotidianità di noi che siamo rimasti. L’ho vista in ogni mancanza di vita. Quelle che sono andate e quelle mai arrivate. L’ho vista nelle gravidanze senza nascita, quei lutti che nessuno vede. L’ho vista nelle pagine di un libro, oneste in modo spietato come solo l’assenza sa fare. Nelle parole di Marta Verna, in Nessuno esca piangendo. L’assenza di quei bambini perduti, che ami e piangi a ogni capitolo di questa vita, vissuta e narrata per amore e con dolore. L’assenza di Caterina. Un vuoto che si fa presenza. Una presenza che si fa ingombrante, che si fa spazio lì dove sembrava ce ne fosse solo per l’amore. Un giorno l’amore salva. Un altro, l’amore non basta.
L’ho vista, l’assenza, nei giorni di festa, quando la gioia cede il passo alla nostalgia. L’ho vista nelle sedie vuote, nei regali mancati. Negli aneddoti che si ripetono per altre voci.
L’ho vista nelle madri senza figli ma anche nei figli senza madri. Quelli abbandonati in un reparto di terapia intensiva, neonati in attesa di una famiglia, e quelli abbandonati in casa, con famiglie senza amore. Bambini in assenza di coccole, costretti a crescere troppo in fretta e a rimanere sempre piccoli, un po’ fragili.
L’ho vista in una ragazza senza vita, sul lungomare. Il corpo sul marciapiede e la testa riversa sulla carreggiata. L’ho vista in quel sangue che colava. In quella corsa troppo veloce. L’ho vista, soprattutto, in quelle carezze. Era lì il ragazzo, chino su di lei, e l’accarezzava con una delicatezza agghiacciante. Celebrava un’assenza ed era lì, sospeso. Anche lui assente.
È un vuoto, eppure esiste. A volte in una lacrima, in un dolore improvviso, a volte nel profumo di un passante, un volto che somiglia, un bambino d’altri, le note di una canzone. E proprio come una vertigine, ci dà il vomito e ci fa volare.
E allora quel vuoto entra a far parte di noi, quel nulla ci fa compagnia. Quello zero ci moltiplica. Siamo noi e qualcos’altro. Qualcun altro, da allora in poi.
L’immagine è tratta dal libro “A che pensi?”di Laurent Moreau (ed. Orecchio acerbo)
No Comments