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Cosa dice mamma, Cosa fa il mondo

Fertility day, la campagna per giovani creativi e donne prestigiose

Ho un amico carissimo che, ben prima di diventare psicologo e consulente sessuologo, ha preso l’abitudine di interrogare la sua cerchia di conoscenze con apprensione e sollecitudine: Faceste, ieri? Ridiamo ogni volta. La verità è che sa scherzare sul sesso con la leggerezza che conviene a una cosa seria. Ora, chi se l’aspettava che la stessa domanda me la ponesse il ministro della Salute? E con tanta meno grazia di quello scherzo tra amici!

Qua non si scherza, alle spalle del Fertility day c’è un Piano nazionale per la fertilità. “L’attuale denatalità – si legge – mette a rischio il welfare”. Ah ma allora sì che è uno scherzo. Quale welfare? Mi pare che si voglia proteggere la fertilità senza tutelare il diritto all’accesso alla fertilità stessa. Il ricorso a forme altre di genitorialità, quando non osteggiato a livello culturale e politico, è comunque limitato da barriere economiche. Non è tutelato l’accesso al lavoro né il diritto a mantenerlo. Chiedete a quanti colloqui le donne si sono sentite fare non domande di competenza ma primariamente: Ha intenzione di avere figli? Quante non sono riuscite a coordinare lavoro e maternità e quante sono state licenziate o costrette a dimettersi per essere state, come direbbe il governo, “creative”.

“Nelle donne, in particolare, (il generale era un “ripiegamento narcisistico sulla propria persona e sui propri progetti”, ndr) sono andati in crisi i modelli di identificazione tradizionale, e il maggiore impegno nel campo lavorativo e nel raggiungimento di una autonomia e autosufficienza ha portato a un aumento dei conflitti tra queste tendenze e quelle rivolte alla maternità”. Tradizione contro autonomia. Mentre leggevo gli obiettivi del Fertility day e mi segnavo il 22 settembre sul calendario (del mio ciclo mestruale), temevo uscisse un uomo anni Cinquanta a chiedermi: Donna, è pronta la cena? Ma solo per farmi “scoprire il prestigio della maternità”. E sì, il prestigio.

Considerando che noi donne, prestigiose o no, abbiamo la deformazione di guardare non tanto a cosa si dice ma a come lo si fa, come non soffermarsi sulle immagini della campagna? “La bellezza non ha età. La fertilità sì“. Benissimo. Quindi ora, oltre a essere giudicate per il nostro aspetto, lo saremo anche per il nostro utero. Dopo il lato B, il lato U. Non solo le nostre curve saranno oggetto di sessismo, ma motivo di giudizio sarà pure la nostra conoscenza della “curva gaussiana che comincia a scendere molto prima che la donna consideri la questione come un’opportunità”. E fortuna che “La Costituzione tutela la procreazione cosciente e responsabile”, dice il manifesto con le scarpine da neonato e il tricolore. Vorrei ben vedere, “la fertilità è un bene comune“! Difatti qui c’è l’immagine dell’acqua, quello stesso bene comune che ancora fatichiamo a tutelare dopo cinque anni da un referendum.

Genitori giovani. Il modo migliore per essere creativi“, il mio preferito. Anzitutto per la totale noncuranza del fatto che giovane età vuol dire nella migliore delle ipotesi stage non retribuito in una città lontana dove paghi 500 euro la stanza in una casa in comune con altri ragazzi poco creativi e fanciulle poco prestigiose. Ma soprattutto perché oggi mi torna alla mente un opuscolo distribuito ai tempi del liceo da un altro ministro della Salute. Un’altra, anzi. Come si giudicano le donne tra loro, nessuno mai. Ricordo che tra i metodi contraccettivi più consigliati c’era l’astinenza. E poveri giovani, prima l’astinenza, poi la fertilità. Ho visto tanta confusione solo in Cara ti amo di Elio e le Storie tese. “L’utero è mio. Eccoti l’utero”. Uguale.

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