Oggi sono nove anni che mio padre ha smesso di farci foto da quaggiù. Sono andata al cimitero dove mancavo da un po’ perché in genere è in altri posti che mi piace trovarlo, e come sempre ho portato tre girasoli da far impazzire di luce accanto al suo nome. “Erriquez Angelo” recita la lapide.
Prima il cognome e poi il nome per uno di quegli errori che poi benedici. Il giorno del funerale uno zio, fratello di papà, si divertì molto a deridermi per quello sbaglio. Io non ridevo francamente, come non ridevo quando ero andata, ventiseienne e sfatta, a consegnare i dati al marmista, accompagnata da quello che sarebbe diventato il padre dei miei figli. Totalmente rimbambiti dal dolore, scrivemmo cognome e nome. Il perché lo capimmo dopo. A ogni incontro, ogni telefonata, d’amicizia o di lavoro (le cose coincidevano spesso perché il lavoro era il suo vero amore) mio padre si presentava così: Erriquez, buongiorno. Con un tono speciale e un tocco fiero che qui non so dire.
Quando ero piccola, il mio cognome era il mio incubo, difficile da scrivere e difficilissimo da pronunciare. Poi crescendo, io avevo pure imparato ma mai nessuno lo ha capito. Sono stata Errico, Enriques, Erriga, Ricchèz. In pizzeria prenotavo sempre a nome di un amico, Carella, pure se lui non c’era.
Quando mi sono sposata, non ho mai preso il cognome di mio marito. Un po’ perché il mio lavoro prevede la firma personale un po’ perché è il mio. E soprattutto perché, diciamolo, il mio è più bello. Così dissi a un gruppo di parenti durante una festa, mentre mio suocero era dietro di me a mia insaputa. “Cos’è che dici del mio cognome?”. Lo adoravo. Però il mio cognome resta più bello. Tra l’altro anche il loro non si capisce mai, allora a questo punto tra due incompresi è meglio il più bizzarro. Persino mio marito se ne stava convincendo quando rimasi incinta, aveva ammesso che avrebbe dato il mio cognome al bambino se avessimo scelto un nome adeguato. Benicio. Ma Benicio Erriquez faceva troppo figo, abbiamo pensato che nostro figlio lo sarebbe stato in tutto il resto.
Non so ancora pronunciare il mio cognome con quel tono speciale però lo porto con fierezza. È un bel pezzo di me, della mia storia. E forse mi rappresenta più di quanto pensi. Io come il mio cognome. Non sempre si capisce però oggi mi presento così.
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