È dall’inizio dell’estate che provo a spiegare ai miei bambini che ci sono ore diverse per fare diverse cose. Non si può mangiare no-stop, la notte si dorme (questa è sempre venuta difficile), a quest’ora si fa silenzio, avete giocato tanto, adesso dobbiamo proprio andare. Ma più mi impegno a scandire le loro giornate cercando di coordinare le abitudini con le improvvisate, i loro ritmi con la mia sanità mentale, più mi rendo conto che sono loro a dettare il mio orologio, il mio calendario, il mio fuso orario. Che poi la fusa sono sempre io.
C’è un’ora in cui il mondo tace, il silenzio regna, la pace è sovrana. In tutte le case del globo terrestre, eccetto quelle dove i bambini non dormono. Quando altrove una giornata è finita, qui c’è solo una mamma sfinita. Per i papà, quelli bravi che si svegliano, è in genere l’ora delle bestemmie.
C’è un’ora in cui ti alzi, e tuo marito con te, e tutto deve ancora cominciare. È l’ora in cui ogni cosa ti sembra possibile, tu che lavori e loro che giocano, tu che chiedi e loro che ascoltano, persino la pace nel mondo. Poi si svegliano. È l’ora in cui la vita ti dà tutte le risposte. Anche quelle che non hai mai cercato.
C’è un’ora in cui il tempo scorre più veloce. Riscaldi il latte, vesti un bambino, bruci il latte, prepari anche l’altro. Ti lavi, scarichi la lavastoviglie, rifai i letti, passi l’aspirapolvere, sistemi casa. È già l’ora di uscire. C’è un’ora in cui sei in ritardo ma l’apocalisse è prossima, un uragano si abbatte su te, inerme. Almeno così dev’essere, ti dici, guardando la loro disperazione immane alla prospettiva di interrompere il gioco per venire a lavare i denti. Lo spazzolino con gli animali, quello con le ventose, quello con i supereroi, quello con le luci. Quella è l’ora in cui ti accorgi che sono espedienti della prima ora. Per tutte le altre, il marketing ti ha fregato. Di nuovo.
C’è un’ora in cui li lasci a scuola (quando riapre la scuola?) e in quel distacco li abbracci e pensi, sai, che ti mancheranno. Poi c’è un’ora in cui senza di loro riesci a fare ottomila cose al secondo. E pensi a quelli senza figli che si lamentano di non avere tempo. E se ne hai due, a quelli con un figlio solo che si lamentano. E di sicuro è così per quelli che ne hanno tre o più. Io non lo voglio sapere. È l’ora di Super Mario. Più sali di livello più è difficile, e più, incredibilmente, sei capace. E tu corri, corri e salti, corri salti e sbatti la testa. E nelle giornate più faticose condividi con Super Mario anche la classe nel vestire.
C’è un’ora in cui la corsa si ferma, e il cuore si allarga. Ti vengono incontro con quel sorriso che è gioia, e fiducia, e gratitudine, e allegria. È contagioso. È l’ora dell’abbraccio, di un salto addosso, del tutti giù per terra. L’ora in cui gli altri bambini vi invidiano e loro esplodono di vita, la maestra prova a parlarti ma tu senti solo un grande senso di pienezza.
C’è un’ora in cui loro giocano in giardino e tu socializzi con alterne fortune. È l’ora in cui gli ultimi cinque minuti si moltiplicano, tu ti alzi e ti siedi che manco un pistone nel motore, loro sono inghiottiti da quel luogo evidentemente insonorizzato e tu ti domandi come farebbe la nostra Maria nazionale. Esiste un canale montessoriano che li porta dal giardino direttamente a casa passando per una cucina a misura di bambino che prepari merenda e cena? Ci basterebbe anche un canale di Maria De Filippi. Una enorme busta, Maria chiudila per favore, metti il francobollo, spedisci. Posta prioritaria, raccomandata, come vuoi purché si arrivi a casa.
C’è un’ora in cui sei a casa. Li devi lavare, cambiare, nutrire, intrattenere. Ma loro si sono addormentati cinque minuti in auto e in quei cinque minuti è raccolta tutta l’energia dei super-capricci. Roba che gli Avengers ci spicciano casa. Magari!
C’è un’ora in cui scopri che il tuo proposito mattutino può andare a farsi fottere. La pace nel mondo, quella è probabile, ma tu sicuro non lavorerai mentre loro giocano. Anzi, più vorrai provarci, più ti sfideranno. C’è un’ora in cui lasci tutto, posi la penna, spegni il pc, chiudi gli appunti. È l’ora in cui ti butti per terra a giocare, salti sul letto, ti travesti con loro, ti trucchi, balli, emani versi anomali e prendi finti pic nic e vere risate. È l’ora in cui molli. E vinci.
C’è un’ora in cui la serratura scatta. Tuo marito è tornato, l’uomo che ami, quello con cui condividi ogni gioia e ogni preoccupazione, l’uomo con cui hai dato vita a due meravigliose creature. È l’ora in cui gli vuoi mollare quelle due bestie inferocite che ti hanno devastato casa. Quale casa? Ora esistono solo giochi. Quali giochi? A quest’ora è un ammasso di legno, plastica, metallo, ruote, lego e carte dove prima c’era un divano e una cucina. Quale divano? Quale cucina? Cosa cucino?
C’è un’ora in cui si cena insieme. È un momento di condivisione. Ti senti stanco e ti senti bene. Guardi questi bambini e ti sembrano più grandi e più belli, e guardi l’orologio perché mo’ se ne devono andare a dormire!
C’è un’ora in cui il rituale ha inizio. Il pigiama, i denti, il nasino, la pipì. Un libro, due libri, un bacio, mille baci. È l’ora in cui tornano nel grembo, insieme, e tu con loro. È l’ora della pace, eccola, la pace nel mondo. Il tuo.
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