Quando stamattina sono arrivata davanti all’asilo, ovviamente in ritardo, mi sono accorta che la mia gonna, bianca, era piena di macchie. Io che ero partita convinta di aver scelto un abbigliamento carino, sono tornata consapevole di non avere speranze. Volevo raccontare di questa gonna elegante ma non troppo, e di questa maglietta, fatta a mano da un’amica, col profilo di Valentina, volevo raccontare di quanto tengo a questo capo del mio armadio, perché è un regalo speciale e perché Valentina mi ricorda mio padre, il perché non lo dico perché non volevo raccontare proprio tutto. Fatto sta che ho raccontato solo che sono una mamma con un figlio che si è pulito le mani di sugo sulla gonna e che non si è accorta che le macchie non erano venute via perché come sempre si è vestita in fretta e senza guardarsi allo specchio.
Che poi questa gonna aveva una storia anche prima della pasta al sugo. Mi era stata donata da mia sorella, dunque ha molte vite pre-pomodoro. Va pur detto che mia sorella si nutre prevalentemente di pasta al sugo, dunque tra tutte queste vite c’è un filo, rosso, che le lega. È con lei, tempo fa, che ho organizzato uno Scambio di stagioni, un baratto di abiti e accessori che però non si limitava a dare via un capo e prenderne un altro. Dare via un vestito è anche lasciar andare una parte di sé, della propria storia. Partendo dall’idea di un atelier che lei aveva organizzato, Il mio armadio è un’autobiografia, abbiamo dato risalto al valore di ogni abito. Ognuna di noi poteva scrivere su un bigliettino la storia del capo che lasciava. Il top cortissimo delle vacanze da ragazzina, il vestito che indossava prima della gravidanza, una maglia del primo appuntamento, una collana di quando le usava, grandi così. Più che un baratto, una narrazione. Per una volta il cambio di stagione non è stato una rottura apocalittica, ma un cucire insieme le nostre storie.
Nel mio armadio ho capi scambiati quel giorno. Mi parlano ancora. E mi piace pensare che qualcosa della mia storia parli nell’armadio, e nelle giornate, di altre donne. A volte le stagioni si intrecciano, a volte si sovrappongono. A volte restano isolate. Come quel jeans che non posso più indossare ma non riesco a dar via perché è troppo parte di me, come quel rossetto che ho comprato ma non mi appartiene. Come quelle scarpe alte che non metto mai ma sono lì per dirmi che sì, capiterà una bella occasione. Come il mio armadio senza specchio, che racconta il mio riflesso più nitido. Non mi guardo mai. Lo specchio è vicino alla porta, a fare più grande l’ingresso nella nostra amata casa, a far giocare i bambini alle smorfie, a farci vedere di sfuggita, di corsa, perennemente in ritardo.
L’immagine è tratta dalla copertina del libro “Lupo lupetto, cosa mi metto?” di Eléonore Thuillier (Gribaudo)
No Comments