“Ho cinque domande di vita come le dita della mia mano“, hai detto un giorno all’improvviso:
La prima: Lavare i denti è annoiante
La seconda: Mamma non deve lavorare sempre
La terza: Papà non deve più chiamare i giardinieri
La quarta: Davide non mi deve togliere i giochi
E alla fine: Non dobbiamo mai incontrare i lupi
Per i tuoi cinque anni, Pezzettino, voglio dirti che ognuna di queste cose farà sempre parte della tua vita: la noia, i miei sensi di colpa, l’inquietudine di papà, l’amore di Davide e la cattiveria. Ma quello che voglio svelarti è ciò che io ho scoperto in questi cinque meravigliosi anni: troverai sempre un motivo per riderci.
Ieri sera ti raccontavo qualcosa della notte in cui sei nato. Io mi emozionavo, tu anche. A ogni dettaglio ti accoccolavi di più. Ti ho detto delle tue urla, naturalmente, e di come si calmarono solo sul mio petto, sulla mia pelle. Ed è stato allora che mi hai guardato e mi hai detto: Ah. Non mi ricordo. Ti ho detto delle mie prime parole per te, del tuo primo latte, delle carezze. Ed è stato allora che mentre con una mano ti accarezzavo come allora e con l’altra ti tenevo nella tua posizione preferita, gambe rannicchiate e piedi incrociati, mi hai scorreggiato nella mano. E ci è scappato da ridere, ridere di gusto. Sempre così con te.
Che la vita fugge, e sembra non smetta mai di farci domande. Ma poi ci scappa da ridere, e vivere. E tutto si ferma. Perché con Davide, tu sei la risposta. La pelle su cui calmarsi.
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