La scuola senza zaino è diventata la scuola senza scuola ma non perde il suo fascino e la sua creatività. La sua aderenza ai bambini.
Cosa dice mamma
Viviamo distanti.
E non è solo per la mancanza di contatto, di abbracci, di strette di mano, di pacche sulla spalla, di sussurri all’orecchio, di occhiolini, carezze, risate fuse insieme. Viviamo distanti a ogni videochiamata, quando ci avviciniamo a uno schermo, uno schermo, quando urliamo (che è il volume della distanza) e metà del tempo la passiamo a dire mi senti? Non ti sento. Con le voci metalliche o interrotte, o in pausa, o lontane. Distanti.
Nella classe di Davide la storia si studia partendo dalla propria, anzi dalle fonti. Così insieme abbiamo cercato fotografie di lui piccolino, e biglietti e ricordi. Ed è lì che sono spuntate vecchie foto di me e Marco ragazzini, pischelli ignari di ciò che sarebbe stato. E una foto di me, ventenne, capelli lunghi e abbronzatura, un primissimo piano per due occhi molto grandi per una piccola donna. Ero bella e non lo sapevo.
Ci avviciniamo all’ingresso mano nella mano. “Certo, io non farei mai una festa al cimitero” apostrofa Claudio. “Beh no, amore, non è proprio un posto da festa, è il luogo dove veniamo a trovare le persone che amiamo e che sono morte”. Non oggi, a quanto pare: “Ora chiude alle 17″ annuncia un uomo sui 65 venendoci incontro. Provo a consolare i bimbi visibilmente delusi e lui vuol fare la sua parte: “Meh dai, ora li porti a comprare un gelato”. E certo perché oggi eravamo indecisi tra un cono e un giro tra i loculi.
“Ma le guerre esistono davvero?”
“Purtroppo sì. Ci sono Paesi tuttora in guerra”
“E qualcuno è mai morto in una guerra?”
“Sì, moltissime persone. È per questo che tante famiglie scappano dalle loro case per venire qui. Vi ricordate quando vi ho detto di Salvini che non voleva accoglierli e li lasciava in mare?”
…
“Io, questa cosa, non me la sto scordando mai”.