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Cosa dice mamma

Dove poesia non c’era, così credevamo

L’altra sera, mentre gli mettevo il pigiama, Claudio ha recitato la sua prima poesia imparata all’asilo. Alla fine di ogni verso, un sospiro di gioia e d’orgoglio. Davide l’ha ascoltato con me, e poi ha continuato a giocare. Abbiamo fatto l’ultima pipì, lavato i denti, letto un libro prima della nanna, coccole e bacio della buona notte. Dimmi, terra, vorrei sapere se anche un bambino prima di essere frutto è stato un semino… ha iniziato a recitare a voce bassa. Eccola, la poesia di Davide. Detta all’improvviso, nel letto, nel luogo giusto della poesia: a metà strada tra la realtà e il sogno. La poesia di Davide, che non era tanto nella tenerezza di quei versi quanto nel modo in cui li diceva.

La poesia è nel mondo delicato custodito nei suoi occhi, la poesia è nella risata scoppiettante di Claudio, quando la bocca si allarga e gli occhi si stringono fino a piccole fessure luccicanti. La poesia è nella musica che amo, nell’abbraccio di mio marito, nel Federico di Lionni dipinto in cucina, nel mare che vedo ogni giorno uscendo di casa.
Poesia è la bellezza di certe parole scelte con tanta cura che diventano rivelazione. Scegliere le parole ha a che fare con noi.

Personalmente odio tutti i luoghi comuni che ci guardano come categorie, uomo e donna, anziché come persone. Devo ammettere, tuttavia, che uno contribuisco ad alimentarlo per prima. Il 90 percento delle discussioni con mio marito arriva al punto in cui gli dico: Non è ciò che hai detto, ma come l’hai detto! So che in apparenza è una frase da rompicoglioni, ma vorrei mostrarne la poesia. Le parole che scegliamo hanno a che fare con la cura che abbiamo: delle parole stesse e della persona a cui le rivolgiamo. Di noi e della nostra storia. Se dovessi scegliere le parole per descrivermi oggi non sarebbero certo quelle di qualche tempo fa. Il nostro modo di comunicare ci racconta. Mi hanno addirittura insegnato che, inconsapevolmente, tra più sinonimi che la lingua mette a disposizione, scegliamo quello col suono che più ci rappresenta. La mia sensibilità, per esempio, mi spingerebbe a scegliere parole più colme di l o di m in luogo di suoni più forti come la r o la c.

Da un po’ di tempo ho conosciuto una curiosa manifestazione estetica dello scegliere le parole. Una forma d’arte che ne mostra la bellezza, inconsapevolmente. Una poesia per caso. Il mio primo caviardage mi disse che “Una storia di parole era vicina”: ero incinta di Davide. Tutti quelli che ho fatto e visto fare sono stati parole bellissime e bellissime rivelazioni. Dal francese caviar, il caviale con cui si annerivano i testi da censurare, il caviardage ha questo di bello. Prendere una pagina a caso, meglio se di un libro destinato al macero, e recuperarne la bellezza iniziando a scegliere le parole d’istinto. Tutte le altre, via. Nero, censura. Ah, che meraviglia, cancellare e finalmente dire no a tutto ciò che non ci rappresenta. E poi esaltare, e decorare, e mettere in mostra e in forma d’arte tutte le nostre parole. Per scoprire così che siamo capaci di fare poesia, anche da una pagina dove poesia non c’era. Che tanta bellezza che prima non esisteva, ora c’è e noi ne siamo gli autori. Per scoprire che quella poesia racconta di noi, del nostro momento, della nostra storia. Non solo è una poesia nascosta, ma è una poesia identitaria. Per scoprire che quella poesia non soltanto l’abbiamo fatta noi. Ognuno con le sue parole, poesia siamo noi.

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1 Comment

  • Reply maddalena 25 novembre 2016 at 14:37

    Bellissima riflessione. Noi “grandi”, che siamo tanto istruiti, dobbiamo tornare un po’ alla carne, al pulsare, senza il filtro della ragione. Sarà per questo che i bambini in tal senso sono migliori: i bambini sono poesia. Già come sono.

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